Edward T. Hall e Robert Sommer, rispettivamente antropologo culturale e psichiatra, avevano studiato, già nel 1969, la prossemica e nello specifico avevano osservato il variare dello spazio personale: insieme a loro scopriamo i limiti entro cui si muove una persona e in cui abita, qualcosa che è di più di un semplice territorio fisico ma anche spazio mentale ed emotivo.
I confini psicologici che ognuno di noi possiede delimitano proprio lo spazio personale, sono un limite invisibile che è essenziale nella costruzione e protezione dell’identità.
La creazione dei confini sono radicati nella storia della persona ma, la capacità di stabilire confini relazionali sani, è uno degli aspetti che possono risultare compromessi in seguito a “esperienze traumatiche prolungate di natura interpersonale, specie durante lo sviluppo” (Liotti e Farina, 2011), o di contesti di crescita disfunzionali in cui il bambino ha vissuto, per un lungo periodo di tempo e ripetutamente, situazioni di abuso o deprivazione. Si parla in questi casi di veri e propri “sviluppi traumatici” (Liotti e Farina, 2011), legati alle esperienze di attaccamento disfunzionale sperimentate con le primarie figure di accudimento.
In uno sviluppo sano, di solito, se i nostri confini sono violati, ci irrigidiamo, lo stomaco si stringe, incrociamo braccia e/o gambe, percepiamo rabbia, paura e l’impulso è quello di portare avanti le MANI.
Tuttavia, se abbiamo costruito confini frammentati, troppo rigidi o troppo deboli, le abilità relazionali possono essere deficitarie e si possono tradurre in eccessiva distanza o vicinanza affettiva, bassa autostima, difficoltà a dire no o affermare i propri bisogni, eccessiva necessità di approvazione da parte degli altri, invischiamento, alta manipolabilità….
I confini ci garantiscono l’opportunità di entrare in una relazione interpersonale in modo consapevole e costruire un buon livello di intimità con l’altro: avere dei confini implica la capacità di differenziazione tra l’Io e il Tu, quindi il saper riconoscere ciò in cui l’altro è “diverso” da me; entrare in relazione con l’altro richiede empatia ma essa è un sottile equilibrio, la creazione di un Noi che necessita di confini per non fonderci con l’altro, altrimenti ne veniamo travolti.
“Senza confini psichici, saremmo come gocce di inchiostro sparse in una pozza d’acqua – facilmente assorbibili dalle definizioni che gli altri creano per noi….Noi abbiamo la libertà di autodefinirci”.
Nina Brown
Scopo della psicoterapia può essere ridefinire i confini , sperimentare a livello corporeo l’invasione, riconoscerla e consapevolizzare le reazioni e le azioni che si attivano, per iniziare a modificare le risposte disfunzionali con altre più funzionali arrivando a ricreare confini elastici e flessibili, capaci di generare benessere, confini che permettono di decidere cosa accettare e cosa rifiutare, di distinguere il contatto accuditivo dal contatto erotico o minaccioso, di gestire le proprie emozioni e quindi resiste al contagio emotivo.
Confini personali sani rafforzano fiducia, stabilità emotiva e autostima, dettano regole, limiti e comportamenti, sono un diritto inviolabile dell’individuo oltre i quali gli altri, senza il nostro permesso, non possono entrare.
BIBLIOGRAFIA
Brown, Nina W., Coping With Infuriating, Mean, Critical People – The Destructive Narcissistic Pattern 2006.
Liotti, G., Farina B. (2011). Sviluppi Traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa. Milano: Cortina Editore.
Edward T. Hall (1963). “Un sistema per la notazione del comportamento prossemico”. Antropologo americano . 65 (5): 1003-1026. doi : 10.1525 / aa.1963.65.5.02a00020 .
Robert Sommer (maggio 1967). “Spazio sociofugale”. L’American Journal of Sociology . 72 (6): 654–660. doi : 10.1086 / 224402 . Prossemica – https://it.qaz.wiki/wiki/Proxemics